Ecoartisti nella Giungla d’Asfalto

Bob Braine, High Swamp of Lower Merion Route 2 and 76, 2004, fotografia a infrarossi L’effetto della vegetazione nelle aree urbane ad aria condizionata

BB: Nel libro di Fritjof Capra La scienza della vita geni, cellule, l’intero corpo lavorano grazie a reti complesse, tutte collegate all’ambiente. Per questa ragione né la scienza, né l’arte, né la società, nulla esiste in un vuoto: tutto è connesso in una serie avvolgente di sistemi che si autoalimentano. Credo che oggi molti ecoartisti si stiano confrontando con queste idee, e che lavorino alla ricerca di un nuovo paradigma che veda l’arte come parte della società e dell’ambiente globale.

Con la costante crescita delle popolazioni umane, anche le aree iperurbanizzate come New York continuano a espandersi. All’interno di queste comunità urbane però esiste anche una vita non-umana che ha bisogno di essere guidata. Tradizionalmente, nelle giungle di cemento la natura è stata abbandonata quando non sterminata. Nelle associazioni ecologiste, molti gruppi come il nuovo Nurture New York’s Nature si danno da fare per aumentare la consapevolezza pubblica e proteggere le specie urbane e gli ecosistemi. Gli ecoartisti che lavorano nelle aree urbane hanno una loro storia.

né la scienza, né l’arte, né la società, nulla esiste in un vuoto: tutto è connesso in una serie avvolgente di sistemi che si autoalimentano

AL: Per esempio, Time Landscape di Alan Sonfist è un’opera concepita già nel 1965, e realizzata poi a Lower Manhattan nel 1978. È un’opera efficace che continua ancora oggi, e che nel 1998 è stata adottata come sito ufficiale dell’assessorato ai parchi di New York City. Dal punto di vista storico, quest’opera è nata dal movimento Earth/Land Art, per quanto Time Landscape possa essere considerato il primo lavoro “Earth” della sua generazione. Lo scopo di quest’opera d’arte era mostrare un’idea, quella di riportare la natura nell’ambiente urbano e di creare un dialogo tra storia naturale e umana, scopo che era in contrasto con le posizioni di altri artisti della prima generazione del movimento Earth/Land Art, i quali invece hanno preferito portare l’arte fuori dalla città e situarla in aree lontane. Time Landscape funziona letteralmente come una “eco-vention”, una sorta di convention ecologica, nel Greenwich Village. È stata di grande aiuto nel bloccare un progetto dell’assessorato ai trasporti di New York che intendeva far passare per il Village un’autostrada. Originariamente, Time Landscape è stato concepito come modello di una rete di parchi da distribuire in tutta la città al fine di scoprire la storia naturale e quella umana nell’area metropolitana newyorchese.

Jackie Brookner, The Gift of Water Grossenhain, Germany, 3 x 5 x 9’, 2001

BB: Una traiettoria alternativa a questo movimento è offerta dagli attivisti degli anni Sessanta, dal loro lavoro sociopolitico. Gli artisti possono intervenire nell’indagine sulla trasformazione sociale, politica e ambientale. Negli anni Settanta Joseph Beuys coniò il termine “scultura sociale”: l’artista scolpisce la società per indagare le trasformazioni del mondo reale. Beuys piantò alberi, aumentò la consapevolezza sugli ecosistemi sensibili e organizzò riunioni politiche in nome dell’arte. L’artista Suzanne Lacy, autrice di numerose performance, lavora regolarmente con comunità e studenti. Un suo progetto prevedeva di coinvolgere questi ultimi nella stesura di progetti per siti specifici: un ricovero per malati di AIDS, un centro di riabilitazione per tossicodipendenti e uno di riciclo. Susan Leibovitz Steinman crea parchi nelle aree urbane con l’aiuto di pubblico e studenti. Questo lavoro di squadra permette ai partecipanti di abbellire il proprio quartiere e, contemporaneamente, di creare l’habitat giusto per specie urbane e aumentare la qualità ambientale del luogo in cui vivono. Creare e ripristinare gli ambienti naturali delle comunità urbane è un grande problema a cui si stanno dedicando molti ecoartisti.

As human populations increase, epi-urbanized areas such as New York City, will continue to expand. Within these urban communities, non-human life is present too and needs to be addressed

AL: Patricia Johansson è un’artista originale, che già nel 1969 affrontava la questione degli ambienti urbani con i suoi disegni. Oggi lavora ancora in prima linea, dedicandosi a problemi di biodiversità urbana con dei progetti di arte ecologica che vengono realizzati in diversi posti di tutto il mondo. Nel 1981, la Johansson ha inaugurato un progetto sperimentale per ripristinare il Fair Park Lagoon di Dallas, in Texas. Il suo era un proposito sia pratico, sia estetico: voleva rimettere in sesto e dare nuova forma a una comunità acquatica ancora esistente ma squilibrata, secondo criteri ecologici e di architettura ambientale. Il suo progetto ha contribuito a eliminare la proliferazione di alghe, grazie all’introduzione di una vegetazione indigena piantata in luoghi ben precisi per fungere da cuscinetto tra l’acqua e la spiaggia; inoltre, ha introdotto svariate specie acquatiche per aiutare a restaurare l’ecosistema. Fair Park Lagoon è stato il primo di molti progetti di recupero che la Johansson ha realizzato per diversi luoghi, dalla Baia di San Francisco a Seul in Corea.

Alexis Rockman, Central Park, 2000, 48 x80”, olio e acrilico su legno oil and acrylic on wood

BB: Queste opere funzionano bene per la biosfera e aiu-tano a rivitalizzare le aree circostanti. Penso che un altro elemento di questi lavori sia che risvegliano l’attenzione della gente per quello che già fa parte dell’ambiente familiare. Nel loro libro Concrete Jungle Bob Braine, Mark Dion e Alexis Rockman parlano a lungo delle specie con cui condividiamo le nostre città. Gli organismi umani e molti altri si evolvono in specie cittadine. Il movimento ecologista urbano ha lavorato duro per mantenere gli habitat fondamentali e studiare piante e animali della città. Gran parte della mia stessa esperienza comprende innanzitutto la ricerca delle specie, che ho condotto col pubblico e gli studenti facendo delle gite/performance o delle eco-azioni. A New York abbiamo più di trecento specie di uccelli, molti dei quali migrano dall’Amazzonia e arrivano addirittura in Groenlandia. Fanno germinare le piante nelle foreste pluviali tropicali, nidificano nelle zone artiche, eppure vivono parte della loro vita a New York! Ci sono delle somiglianze col pesce migratorio che segue la Corrente del Golfo verso nord per poi risalire il fiume Hudson e deporre le uova. Per molti abitanti delle città è difficile capire che la loro città è connessa a tutto il resto. Credo che gli artisti possano far luce su questa idea in modi a cui la scienza non può arrivare da sola. In alcuni dei loro lavori concettuali, HELEN e NEWTON HARRISON hanno progettato di “inverdire” le aree urbane, il che aumenterebbe la biodiversità e la comprensione generale.

A.L. Sì, è interessante osservare dal punto di vista storico il lavoro degli artisti in rapporto alle questioni urbane ed ecologiche. Personaggi noti come Agne Denes e la sua opera Wheatfield: A Confrontation ancora oggi rappresentano un importante esempio di inverdimento urbano. Denes ha piantato due acri di grano nella discarica di Battery Park, grano che venne poi raccolto e donato alle scuderie del dipartimento di polizia di New York. Mierle Laderson Ukeles ha passato gli ultimi vent’anni a collaborare con l’assessorato all’igiene di New York e ha realizzato dei progetti coi netturbini per far conoscere al pubblico il fiume di rifiuti urbani e il riciclo. Attualmente lavora con degli architetti e degli ingegneri al recupero della Staten Island Fresh Kills Landfill, la discarica più grande del mondo nel suo genere.

Buster Simpson, Vertical Landscape/ Downspout, Mixed media, 1999, Seattle, Washington

Oggi gli artisti più giovani, come te e alcuni di quelli che hai appena menzionato, hanno imparato e sono stati ispirati da quei progetti, che sono stati delle pietre miliari. E mentre i problemi si fanno sempre più impegnativi e importanti, loro continuano il dialogo. Adesso ci sono artisti che, virtualmente, lavorano a ogni problema ambientale.

A parte le questioni relative all’habitat urbano, Alexis Rockman ha concentrato i suoi sforzi sul cambiamento climatico, Peter Fend con l’Ocean Earth Construction and Development Corporation ha lavorato a lungo sui problemi legati all’energia alternativa e rinnovabile, come la biomassa e la raccolta di alghe negli oceani, Jackie Brookner crea biosculture che filtrano e purificano gli impianti idrici e a questo scopo ha sviluppato sia modelli di lavoro sia progetti di grande efficacia, come hanno fatto Buster Simpson e Laurie Lundquist. George Dietzler, in Germania, ha lavorato coi funghi ostrica, che ha usato per decontaminare il terreno dai PCB (policlorobifenili) e decomporre la spazzatura. Superflex, un gruppo di artisti danesi, ha lavorato su vari progetti in tutto il mondo, confrontando i problemi della globalizzazione e dell’energia rinnovabile.

Questi non sono che alcuni dei progetti che andrebbero ricordati, ma il campo si sta allargando in fretta, e in modo molto promettente. L’enormità dei problemi ambientali che stiamo affrontando nel ventunesimo secolo è spaventosa, ed è incoraggiante vedere degli artisti che raccolgono le sfide. Forse gli artisti con la loro immaginazione e con approcci meno rigidi alla soluzione dei problemi dimostreranno di essere i visionari di cui, in quest’epoca, abbiamo così disperatamente bisogno.

fonte
http://www.cluster.eu/it/eco-artists-in-the-concrete-jungle/